26 Nisan 2020 Pazar

Fabi: «A maggio raddoppiano i tamponi analizzati ogni giorno»



PIERLUIGI DALLAPINA

È stato come uno tsunami: improvviso e devastante. «Nel Parmense la pandemia ha avuto un impatto
violentissimo», ammette Massimo Fabi, commissario straordinario dell'Azienda ospedaliera e dell'Ausl, che dopo le difficoltà iniziali, assicura che il sistema sanitario è pronto ad affrontare la cosiddetta fase 2. Come? Rendendo più rapide le cure a domicilio e la somministrazione dei tamponi, raddoppiando la capacità di analizzare i tamponi stessi e facendo uno screening a tappeto su tutti gli anziani delle case protette.

Quando è scoppiata la pandemia ci sono stati ritardi nell'analizzare i tamponi? Come si pensa di risolvere il problema?

«All'inizio dell'epidemia, il laboratorio di igiene dell'Università, a cui deve andare un grande ringraziamento, riusciva a processare 100 tamponi al giorno, poi è arrivato a 300. Grazie agli investimenti in tecnologie, ora abbiamo una capacità di refertazione pari a 600 tamponi al giorno. A fine mese potremo contare su un'altra tecnologia, che porterà la capacità di refertazione a 900 tamponi. A metà maggio è poi previsto l'arrivo di un altro estrattore in grado di processare, da solo, 1000 tamponi al giorno. In pratica, saremo in grado di raddoppiare la nostra capacità di analisi».

A Parma la mortalità da coronavirus è più alta rispetto ad altre province della regione?

«L'indicatore di letalità è condizionato dal numero dei nuovi casi, cioè dalla capacità di eseguire e processare i tamponi. Una capacità che, nel mese di marzo, è stata imparagonabile tra Reggio Emilia e il territorio di Parma e Piacenza. Ad esempio, dal 3 al 12 aprile noi abbiamo avuto 482 casi di positività, mentre Reggio, città in cui l'epidemia ha avuto un impatto minore, ha avuto 1.184 casi».

Perché a Reggio sono stati analizzati molti più tamponi?

«A Reggio hanno fatto un investimento per rendere autosufficiente il loro laboratorio, investendo in un estrattore che da noi arriverà a metà maggio. Ricordo che Parma e Piacenza gravavano sul laboratorio di Parma, su quello dell'istituto di zooprofilassi di Pavia e su altri laboratori regionali».

L'aver analizzato meno tamponi può aver influito sulle capacità di cura?

«Tutti i nostri pazienti sono stati gestiti correttamente. Le diagnosi cliniche sono state fatte con una tac, che dimostrava che le persone ricoverate avevano una polmonite interstiziale, e poi con esami successivi che confermavano che quella era una malattia da coronavirus. È però il tampone che, in base ai criteri dell'Istituto superiore di sanità, consente di classificare la malattia da coronavirus. Insomma, è una questione più amministrativa che clinica».

Quindi, quanto è stato letale il Covid-19 nel Parmense?

«Se consideriamo i deceduti per Covid non sul numero di tamponi, che è variabile, ma su un dato omogeneo per tutti, cioè ogni mille abitanti, vediamo che la mortalità per coronavirus a Parma è di 1,2 morti per mille abitanti, a Piacenza 2,5, a Reggio 0,7 e Modena 0,4. Questi sono dati fino al 2 aprile. In pratica, dove è arrivata prima, l'epidemia ha prodotto più ricoveri e più situazioni gravi e questo ha comportato un aumento di decessi».

Il peggio sembra essere passato. Ma qual è stato il momento peggiore dall'inizio della pandemia?

«Attorno alla metà di marzo ci sono stati momenti in cui di notte non abbiamo dormito. Al pronto soccorso abbiamo avuto picchi di accesso tra le 150 e le 170 persone al giorno e il sistema ha retto grazie allo sforzo eroico del pronto soccorso. Ma non va dimenticato che in poco tempo siamo riusciti a mettere a disposizione, tra pubblico e privato, circa 1.200 posti letto». (Gazzetta Di Parma)

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